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Il 2021 ci sta lentamente lasciando, e con lui si allontana Hana, la nostra Statua dell’Anno, fiorita di speranza e voglia di rinascere.
Ma già una nuova figura si affaccia sul nuovo anno!
Questa volta siamo partiti dal colore: buttercream, uno dei colori del 2022. Ha toni caldi ma estremamente delicati, quasi evanescenti; è morbido ed elegante, non ingombrante, non prepotente. Si presenta timido e sottovoce, o ci accoglie con familiarità ma anche con grande rispetto. Per queste sensazioni il color burro ci è piaciuto subito moltissimo, e poi non avevamo in catalogo ancora nessun soggetto su queste nuances così calde e soffuse.
Questo colore tanto delicato aveva bisogno di essere valorizzato da una decorazione sottile e leggera, magari più scura per poterlo far risaltare. Un altro colore del 2022, incredibilmente, è il marrone naturale, un marrone scuro ma caldo, con toni di rosso al suo interno. Perfetto!
La decorazione delle sfoglie è stata difficile da trovare: volevamo qualcosa che non fosse stato usato prima, che sapesse di novità ma anche di tradizione, esattamente come il color burro, fresco ed antico insieme. Abbiamo fatto diverse prove con pattern floreali, geometrici, organici, ma nessuno di questi ci convinceva del tutto. Finché da alcune vecchie tavole di prova ha fatto capolino un disegno sottile sottile di rami in autunno, con foglie d’acero appena delineate. Lo conoscevamo già, ma in altri contesti ci era sembrato troppo povero e l’avevamo accantonato, dimenticandocene. Eppure ora, con i colori che avevamo scelto, pareva dare un tono nostalgico e romantico all’insieme. La prova sul modello ci ha convinti definitivamente: era esattamente quello che ci serviva, rappresentava insieme un tempo passato, con le sue foglie d’acero solitarie appese ai ramoscelli, e la freschezza di un disegno solo tracciato, nessun colore, nessun riempimento, solo la linea.
A questo punto ci siamo messi a disegnare: matita, pastelli e acquerelli alla mano abbiamo dato un’immagine alla nuova Statua dell’Anno.
Volevamo una linea semplice e pulita, meno morbida di Hana, più liscia di Giorgia. Ci piaceva anche l’idea di riprendere qualche edizione passata, come Caterina, dove la figura era seduta su un’alta panca, slanciata e con il panneggio fluido. Ma allo stesso tempo volevamo contrastare il decoro autunnale delle sfoglie con qualcosa di geometrico, possibilmente senza spigoli, tondo e morbido: la nuova figura si sarebbe appoggiata ad uno sgabello ovoidale, proteso verso l’alto e della giusta curvatura per non appesantire l’insieme. Uno sgabello rosso, a dare un tocco di scuro ai toni chiarissimi dell’abito.
L’abito ha preso forma di conseguenza: la lunga gonna a vita alta sarebbe scesa senza ostacoli fino a circondare le gambe, leggermente incrociate, più corta davanti e più lunga dietro. Per impreziosire il vestito e alleggerirne la stampa, del pizzo bianco avrebbe costruito il corpetto, mentre la figura sarebbe stata ulteriormente sottolineata dalla schiena libera. I capelli invece sarebbero stati raccolti dietro, in una specie di corona, e poi liberi di arricciarsi morbidamente sulle spalle, e la fronte circondata da un’elegante treccia. Un dettaglio che conferisse maggiore eleganza infine: delle scarpine colorate e particolari, a richiamare il color burro dell’abito e il rosso dello sgabello.
Mancava ancora un dettaglio però, qualcosa che desse un senso alle mani appoggiate in grembo e che aggiungesse un tocco di colore contrastante: un mazzo di fiori (le calle ci sono sempre piaciute molto), un mazzo verde, gentilmente adagiato sulle braccia.
Ecco, la nuova Statua dell’Anno iniziava a parlarci, a suggerirci il suo nome, che come sempre dovevamo scoprire da soli.
Il nome, ancora una volta, è fondamentale. Quello di questa figura era sicuramente raffinato ma semplice, con un suono dolce e magari un po’ strascicato, ma decisamente non banale, seppur con parvenze di passato. Iniziava con la lettera I, essendo questa la nona Statua dell’Anno, e questa era l’unica certezza.
Ci abbiamo pensato a lungo, guardando la nuova figurina mentre veniva modellata, con un viso particolare, accattivante ma perso in chissà quali fantasie lontane; mentre costruivamo l’abito, pezzo per pezzo, modello dopo modello, con aggiustamenti continui fino ad ottenere esattamente quella curva, quella linea; mentre cercavamo il pizzo migliore, la forma adatta a sottolineare le forme; mentre infine preparavamo l’acconciatura e studiavamo come dare armonia al mazzo di fiori. E ancora durante la pittura, nella sfumatura verde degli occhi e nella scelta del rosso più adatto a valorizzare l’insieme.
Il nome ci sfuggiva, erano tutti troppo: troppo dolci, troppo lunghi, troppo brillanti, troppo comuni, troppo carichi di Storia.
Si è affacciato infine, sottovoce e timidamente, sussurrato all’orecchio in un luminoso mattino d’autunno: ISA